Cisterna

08 ottobre 2009

Asintoto geografico

Deserto di Sale ovvero autoritratto
Il deserto ha sempre esercitato su di me un fascino fortissimo: il fascino del misterioso.
Se ti chiedi cosa ci sia di misterioso in un luogo in cui non c'è nulla, stai partendo con il piede giusto. Il punto è proprio che non c'è nulla.
Il deserto è un concetto astratto.
In linea di principio, il deserto esiste solo come atto di fede. Nessuno potrà mai testimoniarne l'esistenza. Vederlo.
Quando visiti il deserto... il deserto non è più deserto. C'è un visitatore. Un intruso. Quel posto non è più deserto nel senso stretto del termine. E' altro. E' un visitatore. Sei tu. Solo tu. Tu solo.
Il deserto è un viaggio interiore. Non è un luogo: è un'esperienza.
Filosofia? Ciappini della mente? Cagate?
Che ne so. Per dirlo bisognerebbe provare. Fare l'esperienza.
Ecco lo spirito con cui ho visitato il deserto in occasione del lungo weekend di fine Ramazan. Tre giorni di deserto. Un'avventura interiore davvero intensa, impossibile da descriveere compiutamente. Tre giorni spesi in gruppo sulla jeep, giudati in mezzo al nulla dalle coordinate di una bussola GPS, che ci ha permesso di raggiungere tutti i luoghi e i punti in cui i locali ci hanno offerto ospitalità: cibo, un letto, un bicchiere di té. Bello.
Ho visto il deserto di sale. Un luogo in cui la strada è una lunghissima e flebile traccia sul terreno. Due goccie di pioggia e sparisce. Fin da quando l'uomo ne ha memoria, le due goccie di pioggia non son mai passate di lì.
Ho visto il deserto di sabbia. Dune. Dune. Dune. Tutto uguale, eppure tutto diverso. In continua evoluzione interattiva. Una folata di vento, un passo, una piccola frana di sabbia. L'uguale mai uguale.
Ho visto la tempesta di sabbia: impossibile vedere, impossibile respirare, impossibile orizzontarsi, impossibile ripararsi. Ci si accartoccia e si aspetta. Piccoli.
Ho visto il sole di mezzogiorno. Ovunque. Nessuna zona in ombra. Surreale. Sembra impossibile camminare in un luogo in cui non c'è modo di mettersi all'ombra. Mi sentivo come un uccello che vola in un cielo infinito, senza rami in cui posarsi.
Ho visto le persone del posto. Persone guidate da altre logiche, da altre regole, da altri ritmi. Persone caparbiamente abbarbicate all'esistenza.
Ho visto le oasi. Pozzanghere sporche e verde maestoso. Ho percepito di avere qualcosa in comune con le piante. Un alito di vita. Non mi era mai capitato prima.
Ho visto il vero paradosso del deserto: un luogo vuoto. Ma pieno. Intenso.
Probabilmente il modo migliore per descrivere il deserto è ispirarsi a questo paradosso. Inutile scrivere o parlare più di tanto. Il deserto è un'esperienza personale. Un viaggio dell'anima. Il linguaggio dell'anima sono le sensazioni, non le parole.

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