Cisterna

24 gennaio 2012

Stessa spiaggia. Stesso mare.

BOOM
Il boom economico e l'estate al mare. Le grandi famiglie che pranzano in spiaggia. I bambini che gridano felici. Rumore di onde. Profumo di salsedine.
-Mamma famm' anna'... vuliss' fa obbaggn...
-France', hai fernuto ora di manciare. Teni d'ashpetta' tre ore. TRE ORE.
-Mamma'... gli amici miei fann' obbaggn... io... io...tengo d'anna''

SCHIAFF
Shcreanzato! Sfacimm'e bambine. Quann' arriva papa' t'insegna l'educazione con la cinta...
Fermo davanti alla mamma, Francesco trattiene le lacrime. La guancia gli brucia. Non resiste. Gli scende una lacrima in silenzio, poi l'esplosione. Un pianto acuto e isterico.
Che figura di merda. Tutti gli altri bambini lo guardano. Quelli più grandi gli ridono in faccia. Maria, la bambina tanto bella che viene dal nord, ha abbassato lo sguardo.
Cheffiguradimmerda pensa Francesco mentre non riesce a trattenere il pianto. Tira su col naso e pensa mai piu'... MAI PIU'.
Son minuti interminabili. Un abisso di vergogna.
Francesco non resiste: schiacciato dalla vergogna scappa a nascondersi nella Seicento di zio Peppe.
BOOM
Il botto e lo stridio profondo di uno scoglio sulla chiglia. Il vociare affannato degli ufficiali che interrogano il capitano sul da farsi.
-France', checcazz hai fatt? Hai cumbinato nu casino! Lanciamo l'esseoesse? Appicciamo e' sirene? Prepariamo le scialuppe?
- Ma che ora è? Abbiamo appena fernuto e'mmanciare. Tenimm d'ashpetta' tre ore. TRE ORE.

Fermo davanti agli ufficiali, Francesco trattiene le lacrime.
Cheffiguradimmerda pensa Francesco mentre non riesce a trattenere il pianto. Tira su col naso e pensa che grazie al cielo sua madre gli ha insegnato qualcosa, e la cinghia di suo padre lo ha fissato nella sua memoria.
Ora non resta che contattare zio Peppe per sapere se la sua Seicento è ancora disponibile.

08 gennaio 2012

Ma che fine faccio sempre?!?


Mi scuso per la mia lunga assenza. Purtroppo sono stato rapito da alcuni manigoldi, rinchiuso in una gabbia d'ottone e nascosto in una fabbrica di cioccolatini. Se negli scorsi mesi hai trovato un bigliettino dentro un Bacio Perugina riportante la scritta:
Sono prigioniero in una gabbia dorata tra mille dolcezze

Quello non era un pensiero romantico. Era il mio disperato appello. Destino beffardo e manigoldi del cazzo!

17 agosto 2011

L'attitudine dell'ape

L'attitudine dell'ape
Il mio sussidiario delle elementari trattava gli argomenti più disparati: il ragno e il funzionamento della biro, le addizioni e Giulio Cesare, Orvieto e la cibernetica.
Mi ha insegnato tutto, di ogni argomento, e rigorosamente male.
Però una cosa mi è rimasta impressa più delle altre: l'ape.
Secondo il mio sussidiario, quando l'ape attacca con il suo pungiglione, lo fa a discapito della sua stessa vita, perché il pungiglione si spezza e l'ape ne muore.
Sono stato sufficientemente confuso? Si capisce che è una lezione tratta dal mio sussidiario?
Quando un bambino impara una cosa simile sull'ape, le reazioni possibili sono due:
1. Il bambino si stupisce di quanto è minchiona l'ape, che fondamentalmente si ammazza per difendersi.
2. Il bambino prova una inspiegabile ammirazione.
Io da bambino appartenevo alla seconda categoria. Se me ne avessero chiesta la ragione, non sarei riuscito ad esprimerla, però per me era evidente.
E lo è ancora.
L'ape è un insetto paciarotto. Trascorre le sue giornate cazzeggiando tra i fiori, tranquilla, senza rompere i coglioni a nessuno.
Se l'ape si sente in pericolo, spicca il volo e va altrove. Fine del problema.
Se però l'ape si rompe il cazzo per davvero, allora fa un cosa incredibile, istintiva, che le viene dal profondo del cuore.
Secondo me sa che non lo dovrebbe fare. Sa che poi ne pagherà le conseguenze. Però mentre cerca di ragionare, già pregusta la soddisfazione di mandare tutti a fare in culo e di fare di testa sua. Senza limiti né ritegno. Senza badare troppo alla logica delle cose.
Una soddisfazione così per l'ape non ha prezzo.
Senza che neanche se ne accorga, un sorrisino del cazzo le si dipinge in faccia. Non si accorge neanche di aver già estratto il pungiglione. Di averlo perso. E' anestetizzata dalla soddisfazione. Da un piacere ribelle ed estremo. Un lampo di soddisfazione intensissima ed inebriante. Poco importa per le conseguenze: ne è valsa la pena.
Mi piace l'attitudine dell'ape. La comprendo. Anche io a volte faccio cazzate spinto da una pulsione istintiva e inebriante. So di sbagliare, ma in poche parole non me ne frega un cazzo, perché certe volte è troppo bello sbagliare. E' giusto. Ne vale la pena.
Forse l'attitudine dell'ape mi affascina perché è l'estremizzazione di un mio difetto.
Forse anche questa cosa è scritta da qualche parte nel mio sussidiario.
La grandezza dei suoi insegnamenti mi stupisce sempre di più: è un libro che mi ha insegnato qualcosa a proposito di tutto, e che a distanza di anni continua ad arricchirsi di preziosissime lezioni nascoste tra le righe.
Come il significato ultimo dell'attitudine dell'ape.

27 luglio 2011

Vacanza.zip

Eraclea
Tutto è iniziato quasi per caso, a fine Giugno.
All'epoca ero di passaggio in Italia. Tra le varie attività in programma avevo anche un incontro con una azienda di San Polo.
Poiché San Polo è di strada tra Reggio Emilia ed Asti (ovvero tra il mio luogo di lavoro e casa), ho accettato volentieri, fissando l'incontro per il tardo pomeriggio del Venerdì.
Il giovedì sera mi telefona l'azienda per conferma e il manager, un ragazzo simpatico, chiude la chiamata dicendomi di mettere sul Tom Tom "San Polo Di Piave e chiamare quando fossi stato in zona"
Un ragazzo acuto a questo punto si pone delle domande. Anche un idiota. La differenza è nella risposta.
Io mi son risposto che si trattava di una simpatica battuta.
Purtroppo la mia risposta era sbagliata. Me ne sono reso conto il giorno dopo.
Maledette le mille insidie della geografia e le partite a battaglia navale quando la maestra a scuola spiegava le regioni!
Ancora tramortito dal violento impatto con la realtà, chiamo l'azienda per declinare l'invito. Non posso partire da Reggio Emilia nel pomeriggio, arrivare fino in provincia di Venezia, avere un incontro e poi rincasare su Asti.
L'azienda, che non vuole rimandare l'incontro, mi propone vitto e alloggio per la notte. Una roba da novello Cimabue: lavorare per un piatto di minestra calda e un giaciglio.
Poiché si trovano vicino a Venezia, mi offrono di passare la notte a Venezia.
Qui avviene repentina la mia illuminazione.
Vacanza. Che cos'è una vacanza?
Per me una vacanza è una esperienza. Una novità. Qualcosa di positivo e diverso che lascia dei ricordi. Il punto chiave per me è l'esperienza. La sua intensità.
La durata effettiva non è altrettanto determinante. L'intensità fa la differenza.
Un semplice weekend pieno di attività può competere con una settimana di vacanza standard?
Come sapete, sia gli acuti che gli idioti si fanno domande. La differenza sta nella risposta.
Da bambino io andavo spesso al mare in un paese piccolissimo in provincia di Venezia. Propongo all'azienda di ospitarmi in quel paese per una notte. La domanda li spiazza, ma accettano volentieri. Il resto è cronaca della mia vacanza.
1 Luglio: Venerdì sera
Arrivo a Eraclea Mare. Un tuffo nel passato. Quanti ricordi. Che emozione.
Ho cenato con una grigliata ignorante: carne di porco e tanta birra. Il dehor del ristorante da sulla sala giochi che frequentavo da bambino. C'è ancora il cavallo meccanico su cui andavo all'epoca. Cazzo come è piccolo. Io me lo ricordavo enorme. I negozi. Le facciate dei palazzi. E' tutto lì, ora come allora. I ricordi sono troppo distanti per arrivare fino a me. Mi arrivano principalmente suggestioni.
Nuovi bambini che passeggiano come passeggiavo io. Nuove famiglie. Chissà cosa faranno queste persone tra 20 anni.
Dopo cena passeggio per vedere come è cambiato il paese. Ogni angolo mi ricorda qualcosa. Per la notte ho scelto un albergo di un vecchio amico, Francesco. Quando entro in albergo è la prima persona che incontro. Ci riconsociamo subito. All'epoca era un ragazzino che aiutava controvoglia i genitori. Ora è adulto, e gestisce da solo l'albergo. E' indaffarato e felice. Ci salutiamo e mi da una camera. L'azienda deve insistere per potergli pagare la camera. Pagano 35 Euro. Il manager è esterefatto del costo. Credo che si chieda perché io abbia declinato una camera a Venezia per venire qui. Lui vede il prezzo, ma non percepisce il valore.
Mi faccio una doccia ed esco. Ho sete di vedere. Di espolrare. Di emozioni.
Passo in un altro hotel in cui avevo un amico, Marco. Vado a cercarlo. Trovo solo i suoi genitori. Lui ha cambiato lavoro, e passa molto raramente in hotel. Pace. Meglio la delusione di non averlo trovato del rimpianto di non averlo cercato.
2 Luglio: Sabato
Mi sveglio e preparo la valigia. Ho organizzato di continuare il weekend con Alessando, mio storico amico del Piemonte. Ci incontreremo per pranzo a Verona per passare due giorni sul Lago di Garda insieme a Pier, altro carissimo amico che vive a Parma.
Prima di partire faccio una passeggiata in spiaggia. Come è diventata bella: quando ero bambino era più selvaggia. La pineta si trasformava progressivamente in spiaggia, con una zona intermedia di arbusti. Ora non più. Ora è molto più ordinata. Pulita. Ci sono i vialetti di legno.
Il fenomeno mi ricorda il cambiamento nella toilettatura della gnocca.
Faccio colazione in riva al mare, in un chiosco sotto gli ombrelloni. Cappuccino e brioche. 2 Euro. Il fascino infinito delle cose semplici.
Mi interrogo su quel fenomeno del cazzo per cui crescendo si diventa più sofisticati.
Ritornando verso l'albergo incrocio per strada Marco, l'amico cercato il giorno precedente. Sta salendo in macchina. Io sono sul marciapiede.
Marco. Marco, dove cazzo vai?
Lui si ferma e guarda nella mia direzione. Subito non capisce. Poi un sorriso, con la naturalezza di un raggio di sole, gli illumina il volto.
Andiamo a prendere un caffé insieme. Lui adesso gestisce case per le vacanze, si è trasferito in un paese limitrofo un po' più grande, e convive con la sua fidanzata. Lo vedo felice. Ha ancora l'aria cazzona di tanti anni fa. Questo mi fa molto piacere. Mi auguro di poter conservare un po' di spirito cazzone per tutta la mia vita. E auguro lo stesso a Marco e a tutti.
Passo poi davanti ad un negozio di souvenir. Il proprietario è l'ex-gestore della mia sala giochi preferita. Da fuori lo riconosco.
Entro. Lui mi guarda e mi viene incontro.
Madonna... ma io ti conosco... sei rimasto uguale... non dirmi il tuo nome... ROBERTO
Ci son rimasto di merda. Devo aver speso proprio tanti soldi in quella sala giochi! Poveri i miei genitori. Ci siam messi a parlare come se fossimo parenti. Mi ha anche invitato a pranzo. Avrà voluto in qualche modo sdebitarsi del prezzo esagerato che mi faceva pagare per i gettoni.
La mattinata scorre veloce e intensa. E' tempo di andare verso Verona.
Recupero Alessandro e andiamo insieme verso Peschiera del Garda, dove ci aspetta Pier.
Poiché passeremo la notte in zona, Pier ha prenotato per noi in un albergo incredibile: un resort tranquillissimo in mezzo al verde a 2 metri dal lago. Un posto che non immaginavo neanche potesse esistere. La camera è enorme, ed ha un terrazzo che si affaccia sul lago. Gli ospiti son tutti stranieri.
Pranzo. Birra. Scherzi. Battute. Birra. Birra. Idea: barca.
Affittiamo un motoscafo.
Sapete guidarlo?
Ci chiede il proprietario. Noi rispondiamo in modo affermativo con una tale sicurezza, che il proprietario avrà pensato di trovarsi di fronte all'equipaggio di una barca della American Cup.
In realtà nessuno di noi sapeva fare un cazzo. Ad onor del vero forse Pier era vagamente più preparato. Però secondo me tutti abbiam pensato: Ma cazzo, è un lago. Non ci sono strade, sensi di marcia, corsie, regole... basta non sbattere contro gli altri e non finire la benzina a largo!
In effetti confermo che è così: c'è il volante, una leva per accelerare, e acqua dappertutto. Poche barche da schivare. Fine delle regole.
Abbiam passato una gran giornata di lago, in barca, esplorando la zona da un punto di vista privilegiato. E sparando cazzate a nastro.
La serata è stata piacevole: cena più dopocena, ma francamente eravamo tutti stanchi, quindi non abbiamo fatto tardi.
3 Luglio: Domenica
Io e Ale ci svegliamo più o meno alla stessa ora. Doccia. Colazione abbondante in un dehor lambito dall'acqua del lago. Tutto buono e tutto bello. La compagnia. L'ombra. Il fresco. Il profumo degli alberi. il suono dell'acqua. I colori del lago. Ci raggiunge Pier. Andiamo a vedere il centro storico di Peschiera. Molto bello. Ha l'aria felice dei posti di villeggiatura. Aperitivo. Per pranzo ci dividiamo: Pier va da parenti, mentre io e Ale ci facciamo una classica pizza+birra su un molo.
Pranzo. Birra. Scherzi. Battute. Birra. Birra. Idea: barca.
Quando Pier ci raggiunge, torniamo ad affittare il motoscafo.
Questa volta ci dedichiamo ad una esplorazione più specifica: andiamo a vedere le grotte di Catullo, visibili solo dal lago.
Alla fine è un buco di pietra, con tante barche attorno. Eppure me lo ricordo come un bel momento. E' stato un bel momento per la somma di tutti i fattori: la compagnia, la novità della barca, il panorama, la mente libera.
Nel tardo pomeriggio siamo rientrati a riva. Birra di commiato e partenza intelligente. Si chiama partenza intelligente. Mica viaggio intelligente. Per cui subito dopo essere partiti ci siamo incolonnati nel traffico. Il club degli stronzi in macchina sotto il sole era ora al competo. Mancavamo solo noi. Credo ci aspettassero.
L'esperimento è concluso. Confermo che per me un semplice weekend pieno di attività può competere con una settimana di vacanza.
Quel che rimane della vacanza sono le suggestioni, i ricordi, immagini. La mente non tiene traccia della durata effettiva in cui il tutto è avvenuto.
Ad oggi io ho il ricordo di una intera vacanza.

28 giugno 2011

Il Mac Gyver Menu

Mc Gyver Menu
Una passeggiata per le vie del centro mi riporta alla memoria gli anni dell'Università.
Luoghi, negozi, suggestioni. E' una specie di viaggio nel tempo. Un viaggio piacevole e spensierato. Quante cose sono cambiate rispetto ad allora!
Camminando arrivo davanti allo storico Mac Donald's di Piazza Castello. Un bel panino, ecco quello che ci vuole ora!
Da quanto tempo non entro qui... l'arredamento è un po' cambiato.
Mi metto in coda, e nell'attesa del mio turno studio l'elenco dei panini.
Troppo pesante.
Troppo piccolo.
Troppo grasso.
Troppo porcoso.
Toh... e questo cos'è? Non l'ho mai assaggiato... Mag Gyver Menu. Boh, proviamo!
Un Mac Gyver menu con Coca-Cola Zero, grazie.
La cassiera sorridente mi porge una scatola di cartone, simile a quella dell'Happy Meal.
Che velocità.
Strano che non mi abbia domandato se voglio aggiungere una salsa, un gelato, un caffé o qualche altro accessorio gastronomico del cazzo. Mah.
Estraggo il portafoglio per pagare. La cassiera me lo strappa di mano prima che possa aprirlo e preme un pulsante sul registratore di cassa.
Percepisco il vuoto. Il nero. Una botola si è aperta sotto i miei piedi.
Con un tonfo atterro in una stanza buia. No. Non è proprio buia. Gli occhi pian piano si abituano alla luce flebile che la illumina. Sembra la cella di una prigione. Ci sono anche altre persone.
Buongiorno.
Buongiorno.
Benvenuto.
Buongiorno.

Tutti mi salutano cortesemente. Confuso dagli eventi ricambio. Attacco bottone.
Scusate, ma cosa mi è successo? Dove mi trovo?
Si trova nella Mac Gyver Lounge. Non ha ordinato un Mac Gyver menu?
Eh, sì, certo. Pensavo fosse un panino...
Mannò. Quale panino? Il Mac Gyver menu è una esperienza gastronomico-emozionale.
Ma cazzo, a me bastava un panino! Ho fame.
Stia tranquillo: usciremo tutti da qui sazi e felici. Ora dobbiamo prima di tutto liberarci, e poi ognuno di noi troverà nella sua scatola qualche accessorio con cui proseguire l'avventura alla ricerca del cibo.
Provo ad alzarmi, ma i miei movimenti sono innaturali. Che succede? Sono avvinghiato in una rete.
Mi guardo meglio attorno. Ognuno di noi è avvinghiato in una rete. Chi di più. Chi di meno. Tutti si dimenano per uscirne. Faccio altrettanto. Passano interminabili ore. Tutti si divertono tranne me. Non capisco. Forse loro sono veri fan di Mag Gyver, io no.
Un uomo in giacca e cravatta riesce a divincolarsi. Si alza in piedi soddisfatto, fischiettando la musica trionfante di Mac Gyver. In un crescendo musicale raccoglie la sua scatola e la apre.
Al suo interno vi trova una forcina per capelli, una canuccia, un fusillo e un buono per ritirare un frangiflutti al porto di Genova. Con la forcina per capelli apre la porta. Sgranocchiando il fusillo, con aria soddisfatta si congeda.
Una voce tra i prigionieri grida LA PORTA!
Ah, scusatemi
L'uomo torna sui suoi passi per tirarsi dietro la porta.
Ma minchia.
La mia rete cede. Bene! Mi alzo e mi avvicino agli altri prigionieri per aiutarli.
Ma che cazzo fa? Come si permette? Vada via
Scusate scusate, ora vado. Apro la mia scatola.
Due lecca-lecca e un elastico. E con questi che ci faccio?
In piedi in mezzo alla stanza fisso il mio Mac Gyver Menu.
Improvvisamente un clack
Sopra la mia testa si apre la botola. Qualche coglione ha ordinato un Mac Gyver Menu.
Con un gesto improvviso e disperato mi arrampico e salto fuori dalla botola.
I clienti in coda alla cassa mi guardano curiosi.
Fingo indifferenza ed esco.
Sporco, stanco, sudato, confuso, senza portafoglio... che cazzo faccio? Ho solo 2 lecca-lecca e un elastico.
Idea!
Nella mia mente risuona la musica trionfale di Mac Gyver. Forse la canticchio anche. Non so.
Apro i lecca-lecca. Li lecco una volta, poi sfruttando il loro potere adesivo me li appiccico agli occhi.
Con l'elastico fisso meglio i lecca-lecca. Ora non vedo nulla. Non vedo, però sento benissimo. L'udito è iper-attivo.
Sento un fischio metallico e dei tintinnii. Il tram in corsa è vicino. E'a pochi metri da me.
Sorrido e salto sui binari, lasciandomi tutto alle spalle. Ho vinto.
Tattà tattatatà tattatà. Tattà tattatatà tattatà.

21 giugno 2011

L'Almanacco del Giorno: 21 Giugno

Che gioco di parole del cazzo!
E' scritto nel libro della Genesi che Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito il 21 Giugno.
Dio infatti mise all'ingresso del giardino dell'Eden, oltre alla prima bozza delle Tavole della Legge, una tavola di pietra integrativa con sopra scritto:
e...state alla Larga dal Frutto Proibito.
Il 21 Giugno Adamo ed Eva, convinti che si trattasse dell'ennesima manifestazione estiva con un nome del cazzo, si recarono al giardino dell'Eden e mangiarono il frutto proibito con la stessa giovialità e serenità di una coppia che va ad una sagra.
Fin dalla notte dei tempi l'evento è ricordato con una stagione apposita, e con una apposita battuta del cazzo che è l'accanimento della punizione di Dio all'Uomo per aver violato la Legge.
Pertanto come ogni anno, con il solstizio d'Estate, inizia anche quest'anno ufficialmente l'Estate.
Da oggi saremo finalmente tutti autorizzati ad usare lo splendido gioco di parole e...state, che significa sia Estate, inteso come stagione, che e...state, inteso come esortazione a restare. Quante grasse risate. Che burle.
Una gustosa curiosità a riguardo: forse non tutti sanno che il gioco di parole in questione funziona solo nel parlato, perché nello scritto non c'è ambiguità, e il vero significato è evidente: Estate ed e...state si scrivono in modo diverso.
Probabilmente è proprio per questo che la battuta è così diffusa nella sua forma scritta.
Sono in attesa trepidante di questo momento fin dalla fine dell'Estate scorsa: non vedevo l'ora che arrivasse il 21 Giugno per stupirmi ancora con qualche splendido cartellone contenente l'irresistibile gag.
Viva l'E...state!

18 giugno 2011

Discorso intorno al giuoco del tennis

Voila
Primo piano su un bambino di 10 anni, con le mie fattezze. Una maglietta senza pretese, un paio di pantaloncini senza pretese, un paio di scarpe senza pretese. Un bambino base degli anni ottanta. Intorno cicale e grano maturo. Pacifica campagna d'estate.
Nella casa di campagna del mio amico di città è festa: domani il mio amico inizierà il suo primo corso di tennis. Gli hanno comprato tutto il necessario: un completo da tennis professionale, una racchetta professionale, un set di palline professionali.
Son tutti contenti. Sembra una roba figa... ho deciso: mi aggrego.
Per l'abbigliamento non c'è problema. Maglietta senza pretese, pantaloncini senza pretese, scarpe senza pretese.
Manca solo la racchetta. Anche per quella non c'è problema: la comprerò domani mattina lungo la strada, al negozio di giocattoli: da Iole. Iole ha tutto. Un bambino di città non può capire il mistero glorioso del negozio di paese, in cui ogni bene è in vendita.
Il mattino dopo, 10 minuti prima del corso, passo da Iole. Racchetta GIG in legno. 14900 lire. Oplà, tutto è facile quando puoi appoggiarti ad un negozio di paese.
Si può andare al campo, come da programma.
Incontriamo Perseo Valeri, il mio primo maestro di tennis. Mi ricordo che a me sembrava un vecchio. Probabilmente era più giovane di quanto lo sia io oggi.
Poi ricordo le lezioni. Gli altri giocatori. Le ore liete. Francamente non ricordo il risultato di nessuna delle mie partite, né la prima volta che ho vinto o che ho perso. I miei ricordi sono altri. Il cazzeggio. Scherzi. Battute. Pomeriggi. Serate. Il tavolino del bar. L'acqua e menta gasata per le gare di rutti post-partita.
Per me il tennis era un meta-sport, una specie di momento conviviale.
Da allora molte cose sono cambiate: ho cambiato racchetta, in Italia hanno introdotto l'Euro, Iole ha venduto il negozio. Ho finito di studiare, ho inizato a lavorare. Ho raggiunto e forse superato l'età di Perseo Valeri.
Però il tennis ha sempre avuto per me un valore positivo.
Con questo spirito qualche tempo fa ho accettato l'invito di un avvocato che lavora con noi e siamo andati a giocare a tennis insieme. L'ho fatto più per il piacere conviviale che per il gesto sportivo, anche perché l'avocato ha tipo 70 anni.
Abbiamo organizzato una partita in doppio con 2 suoi amici. Tutti scazzati. Nel tutti includo anche me stesso. La palla imprendibile nell'angolo per noi non era un gesto atletico. Era un gesto cagacazzo, e meritava di essere punito con pene corporali e insulti. Abbiamo giocato per il piacere di stare insieme, di scherzare, di giocare in senso lato. Mi sono divertito molto.
Da allora ho ripreso a giocare regolarmente a tennis ed ho assoldato un coach che funge per me da amico a comando
...l'amico a comando, che lusso perverso: scelgo io se, quando e come si gioca. Quando ho voglia di giocare giochiamo. Se voglio palleggiare palleggiamo. Se mi viene lo sbuzzo di centrarlo con una pallina, lui si limita a schivarla e non si incazza.
Nel frattempo mi mostra le novità tecniche e corregge i miei difetti più grossi.
Poi quando capita la partita più seria, con giocatori più seri, grazie a queste ore di cazzeggio, sembra quasi che io sia in grado di giocare a tennis. Butto la pallina dall'altra parte assumendo una posizione plastica simile a chi sa quel che sta facendo. Recito stupore e sgomento quando faccio una cappella.
In realtà è tutta finzione nell'attesa dell'acqua e menta gasata.
Una finzione divertente.

08 giugno 2011

La sindrome del secondo giorno

un colpo di spugna e si riparte
In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.

Il primo giorno ha sempre il fascino dell'epico.
Per questo i buoni propositi sono così attraenti: hanno il fascino del primo giorno.
Da domani smetto di fumare!
Da domani vado a correre tutte le mattine!
Da domani mi metto a dieta!
Dai, cazzo, da domani tiro su l'Universo!

Io sono sensibilissimo al fascino epico del primo giorno.
Per me il problema non è mai il primo giorno. Il problema viene dopo.
Nasce il secondo giorno, quando l'impegno epico deve trasformarsi in routine.
I fuochi d'artificio del primo giorno sono stati sparati. L'eco degli squilli di trombe è passato. Le stelle filanti che celebravano il buon proposito sono per terra, calpestate dal tempo.
Una brezzolina fredda accompagna la solitudine del secondo giorno.
Per me il secondo giorno è la tomba dei buoni propositi.
Il giorno in cui non riconosco più le mie azioni del giorno precedente, e rovisto nel mio inconscio alla ricerca di possibili scuse. Una ragione per interrompere il mio proposito.
Purtroppo io non sono l'esempio dell'integrità e il mio inconscio ha un grande potere persuasivo nei miei confronti. Entro un paio di giorni la maggior parte dei miei buoni propositi va dal culo.
A volte resisto un po' di più, ma non molto. Ho il presentimento che al massimo potrei resistere una settimana.
Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.

27 febbraio 2011

La scure invisibile

La scure invisibile
Una scure invisibile si è abbattuta su Cisternae.
Lo scazzo esistenziale?
Gli impegni lavorativi?
La vita sociale?

Maddeché? No. Sarebbe stato troppo nobile.
In realtà si tratta della censura. Il governo locale ha deciso di censurare tantissimi blog, tra i quali per puro caso è finito anche il mio.
Da qualche tempo un messaggio di errore ha preso il posto del mio blog, e l'accesso alla mia bacheca è bloccato.
Come si dice in questi casi? Inculato dalla fortuna.
Ora mi organizzo per aggirare il problema.
A presto.

01 dicembre 2010

Via col vento

Via col Vento
Talvolta nell'aria spira una brezza di vento cazzone, il vento che permette di disegnare nuove rotte lungo mari misteriosi, verso lidi inesplorati.
Non è possibile conoscere il porto di arrivo. Non è neanche dato sapere se sarà possibile approdare da qualche parte.
Per questa ragione molti preferiscono evitare di mettersi in viaggio spinti dalla corrente del vento cazzone.
Il vento cazzone soffia quando e dove meno te lo aspetti.
Io per esempio l'ho percepito distintamente qualche sera fa ad una cena, quando ho scoperto che a Tehran c'è un liceo italiano. E' un liceo scientifico a tutti gli effetti, dove si studia in italiano, e dove a fine anno arriva una commissione esaminatrice dall'Italia per l'esame di maturità.
Chiunque abbia concepito questa idea è stato indubbiamente travolto da una vera e propria tempesta di vento cazzone: un liceo scientifico italiano a Tehran, in un paese dove la comunità italiana conta un centinaio di persone, e dove la legge vieta ai cittadini di frequentare scuole non islamiche.
La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che il liceo non è statale. E' una fondazione che vive di rette e donazioni.
Per me questa scuola è una sorta di fragile monumento. Rappresenta la volontà della piccola comunità italiana di conservare e proteggere la propria identità culturale.
E' proprio vero che nonostante tutto, gli italiani sono brava gente.
La storia mi ha incuriosito, e così durante la cena ho approfondito il discorso. Ho scoperto come funziona la scuola, ho percepito i molti problemi e difficoltà che la minacciano. Boh, mi sono appassionato alla storia.
Proprio mentre una persona mi raccontava nel dettaglio le grandi difficoltà che hanno nel reperire docenti in lingua italiana, qualcuno ha aperto la porta verso la terrazza. Ho sentito una lieve brezza di vento cazzone che mi accarezzava i capelli.
Molti preferiscono evitare di mettersi in viaggio spinti dalla corrente del vento cazzone. Il mio istinto mi consiglia di non levare l'ancora e di non alzare la vela: il porto è il luogo più sicuro.
Il vento cazzone è un fenomeno raro, e può avere effetti incredibili e portate grandissime. Il porto è il luogo più sicuro.
L'istinto mi frena. Eppure pian piano la vela sale, e man mano che la vela viene issata sull'albero maestro, vengo avvolto da un sentimento contrastante. Percepisco la cazzata, ma ne sono attratto.
Via... levo l'ancora!
Ah sì, siete disperati perché vi manca il professore di fisica? Non c'è problema: vengo io!
Il vento cazzone spinge fortissimo, e l'ancora, non ancora completamente levata, salta volando sul pelo dell'acqua. La barra del timone è impazzita.
Non si vede l'orizzonte, e non si capisce in che direzione si sta navigando. Si percepisce solo energia e movimento.
Mi guardo attorno.
Da un paio di settimane sono il nuovo professore di fisica della scuola italiana di Tehran. Insegno solo agli allievi che dovranno affrontare la maturità, e insegno solo di giovedì (il mio giorno libero).
Insegnare non è facile. A Giugno la commissione di maturità valuterà quel che son riuscito a trasmettere agli studenti. Se non avessi levato l'ancora, tutto sarebbe stato più facile. Però son contento così. Mi sento più vivo. Superata la paura per le cose nuove e inesplorate, subentra un impagabile sensazione di scoperta. Di freschezza. Di novità. E' bello. Bello in un modo incosciente. Un bello cazzone.
Il nome stesso del vento è indicativo dello spirito di chi lo segue.
Auguro a te che stai leggendo, e a tutti, di incontrare qualche volta il vento cazzone. Quando lo incontrerai, alza la vela. Non restare al porto, che il porto è una rottura di coglioni. Se mai naufragassi, naufragherai con un sorriso bellissimo sul volto... e torneremo a riva a nuoto insieme. Ridendo.