Era il 38 luglio
Scendo le scale di casa mia. Ma a che piano abito? Boh: vivo qui da maggio, e non ho mai contato a che piano. So che è l'ultimo. Quando finiscono le scale, io infilo la chiave nella toppa. Facile no?
E' curioso che mi ponga questa questione sempre quando sono in mezzo alle scale. Mai quando inizio a salire o a scendere. E' curioso anche che le scale finiscano proprio quando arrivo a questo punto della mia considerazione.
Apro la porta. Fuori mi attendono il solito viottolo di porfido, i vecchi portici, e le solite automobili disseminate lungo i bordi della strada. L'aria è piacevolmente calda: la sento scorrere attorno a me, tangibilmente presente. Una strana sensazione.
Mi inclino in avanti e istintivamente mi lascio andare. L'aria mi sorregge. Inizio a fluttuare. Senza sforzo. Senza impedimenti. Sono leggero come l'aria. La gente attorno a me guarda incuriosita e sorride. Sto volando. Con un armonioso colpo di reni accelero in direzione del cielo. Com'è facile volare: non l'avrei mai detto. La propulsione al mio movimento arriva direttamente dal pensiero: vado nella direzione a cui sto pensando. Con estrema naturalezza. Elegantemente. Sono bello come un delfino.
Percepisco lo stesso piacevole tepore che provo d'estate in spiaggia subito dopo il bagno in mare: un calore forte, ma stemperato e reso piacevole dalla pelle bagnata.
Chiudo gli occhi. Le percezioni degli altri sensi sono più che sufficienti. Distinguo chiaramente i profumi, i suoni, la carezza del vento. I vestiti mi sembrano improvvisamente pesanti ed ingombranti: inibiscono i miei movimenti. Me ne libero. Cadono pesanti verso il basso, ed io salgo. Una forza uniforme mi attrae verso l'alto. Non oppongo resistenza. La assecondo. Pacifico. Sereno.
La forza che mi attrae proviene da una candida sfera posta in mezzo al cielo. Che bella. Sembra una perla. Una perla liscia e piacevole al tatto. La prendo tra le mani e la osservo. Non ha peso. Mi riflette. Vedo le mie mani appoggiate alla sfera. Toccano il loro riflesso. Ed oltre il loro riflesso vedo quello delle mie braccia, del mio corpo, del mio volto.
Guardo meglio: quello è il mio volto, ma non è il mio riflesso. L'ho visto sorridermi per un attimo. Ora ha cambiato espressione. Che gli succede? Dove si trova? Riconosco il luogo alle sue spalle: il solito viottolo di porfido, i vecchi portici, e le solite automobili disseminate lungo i bordi della strada. Però lui non sta volando. E' rimasto pesantemente vincolato al terreno. Lento ed impacciato nei faticosi movimenti.
Istintivamente abbraccio la sfera, con la speranza di trasmettergli empaticamente la mia presenza.
Che fai laggiù?! Chiudi gli occhi e raggiungimi... anche solo per un attimo: io, sorridente, ti aspetto.
E' curioso che mi ponga questa questione sempre quando sono in mezzo alle scale. Mai quando inizio a salire o a scendere. E' curioso anche che le scale finiscano proprio quando arrivo a questo punto della mia considerazione.
Apro la porta. Fuori mi attendono il solito viottolo di porfido, i vecchi portici, e le solite automobili disseminate lungo i bordi della strada. L'aria è piacevolmente calda: la sento scorrere attorno a me, tangibilmente presente. Una strana sensazione.
Mi inclino in avanti e istintivamente mi lascio andare. L'aria mi sorregge. Inizio a fluttuare. Senza sforzo. Senza impedimenti. Sono leggero come l'aria. La gente attorno a me guarda incuriosita e sorride. Sto volando. Con un armonioso colpo di reni accelero in direzione del cielo. Com'è facile volare: non l'avrei mai detto. La propulsione al mio movimento arriva direttamente dal pensiero: vado nella direzione a cui sto pensando. Con estrema naturalezza. Elegantemente. Sono bello come un delfino.
Percepisco lo stesso piacevole tepore che provo d'estate in spiaggia subito dopo il bagno in mare: un calore forte, ma stemperato e reso piacevole dalla pelle bagnata.
Chiudo gli occhi. Le percezioni degli altri sensi sono più che sufficienti. Distinguo chiaramente i profumi, i suoni, la carezza del vento. I vestiti mi sembrano improvvisamente pesanti ed ingombranti: inibiscono i miei movimenti. Me ne libero. Cadono pesanti verso il basso, ed io salgo. Una forza uniforme mi attrae verso l'alto. Non oppongo resistenza. La assecondo. Pacifico. Sereno.
La forza che mi attrae proviene da una candida sfera posta in mezzo al cielo. Che bella. Sembra una perla. Una perla liscia e piacevole al tatto. La prendo tra le mani e la osservo. Non ha peso. Mi riflette. Vedo le mie mani appoggiate alla sfera. Toccano il loro riflesso. Ed oltre il loro riflesso vedo quello delle mie braccia, del mio corpo, del mio volto.
Guardo meglio: quello è il mio volto, ma non è il mio riflesso. L'ho visto sorridermi per un attimo. Ora ha cambiato espressione. Che gli succede? Dove si trova? Riconosco il luogo alle sue spalle: il solito viottolo di porfido, i vecchi portici, e le solite automobili disseminate lungo i bordi della strada. Però lui non sta volando. E' rimasto pesantemente vincolato al terreno. Lento ed impacciato nei faticosi movimenti.
Istintivamente abbraccio la sfera, con la speranza di trasmettergli empaticamente la mia presenza.
Che fai laggiù?! Chiudi gli occhi e raggiungimi... anche solo per un attimo: io, sorridente, ti aspetto.
2 Comments:
"Sono bello come un delfino"
:-))) non so perchè ma il paragone mi fa sorridere: ti immagino con la pinna caudale, un po' lucido, e mi sale il buonumore...
Ma i delfini volano?!???
ste
By Anonimo, at 10:32 AM
A me, il 38 Luglio, mia zia Woller ha regalato un piede di porco a pila... 4 giorni dopo, scoprirono la corrente elettrica ed io mi feci male.
By Sen Zaago, at 5:04 AM
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