Dello strano fenomeno che spinge a completare l’album delle figurine
La mia scuola di paese nei primi anni ottanta. La mia classe. Non so se fosse così dappertutto, ma io e i miei compagni eravamo veramente un gruppo di pezzenti: vestiti ereditati dai fratelli maggiori, pantaloni consumati sulle ginocchia, toppe orrende, chiazze di inchiostro sulle dita, scarpe sgraziate sormontate da pantaloni corti… anche il profugo più disperato si sarebbe sentito un signore in mezzo a noi. E’ facile immaginare l’effetto prorompente che avesse l’uomo che ci porgeva all’uscita da scuola in regalo un album delle figurine. Gratis. A noi.
Era il classico album delle figurine da completare. Vuoto. Desolato direi. Ma sfogliandolo se ne percepiva l’immenso potenziale: i nomi delle squadre, i riquadri pronti ad ospitare i gagliardetti, gli spazi destinati a raccogliere le rose dei campioni ordinatamente schierate… i miei occhi di bambino vedevano oltre quegli spazi numerati. Percepivano un album di pregiatissima fattura, destinato ad essere un giorno esposto sopra il caminetto di casa, e ad essere mostrato con orgoglio agli amici. Un prezioso cimelio.
Le figurine erano l’unico ostacolo che si frapponeva tra il desolato album che avevo tra le mani, ed il sogno di gloria che mi prefiguravo.
Figurine. Figurine. Figurine. La psicosi delle figurine.
Mamma, per piacere, domani mentre vai a fare la spesa, mi compri le figurine? Sì. Sissì. Sono proprio indispensabili… servono per la scuola, lo ha detto la maestra.
Classica intramontabile scusa. Se non l’hai mai usata, non sei mai esistito.
Papà, mentre vai a prendere il giornale, mi prendi le figurine? Non dimenticarti, che mi servono.
A cosa?!? Boh…
Pronto, sto parlando con l’edicola? Per piacere, se passa di lì uno qualsiasi dei miei parenti, gli ricordi le figurine. Loro sanno.
Io non l’ho mai fatto per motivi spiccatamente economici, ma ricordo che i bambini più abbienti arrivavano ad assoldare anche un aereo da turismo che trascinava nel cielo uno striscione con la scritta …mi raccomando le figurine
Man mano che la collezione cresceva, la percezione della realtà si faceva più distorta, fino ad arrivare all’ultima figurina. Uno alla fine. Il delirio.
Avevo in mano un album quasi completo. Con tutti i gagliardetti. Tutte le rose. Le figurine speciali. Mi mancava solo Pruzzo. Non quello famoso. Un panchinaro della ternana. A me neanche me ne fregava un cazzo di Pruzzo. Però lo volevo.
Guarda che se ci pensi è strano avere tra le mani l’album praticamente completo, fruibile e piacevole da sfogliare, ma non essere soddisfatto. Che me ne frega di Pruzzo? Perché mi impedisce di godermi il mio album? Boh. Psicosi. No. La verità è che per un qualche fenomeno del cazzo uno non si accorge mai di ciò che ha, mentre percepisce benissimo quel che gli manca.
La cosa più incredibile è che dopo mille peripezie quell’anno completai l’album dei calciatori.
Inspiegabilmente non mi diede la soddisfazione sperata. Forse aveva qualche figurina attaccata storta. Forse si era sgualcito e non era più adatto ad essere esposto sul caminetto. Non so. Ricordo che nell’ultima pagina dell’album vi era riportato un regolamento, secondo il quale avrei potuto ricevere un pallone di cuoio spedendo l’album completo ad un certo indirizzo. A me il pallone di cuoio neanche piaceva. Era pesante. Duro. A me piaceva il Supertele, che costava meno del più insignificante e piccolo mucchietto di figurine passatomi tra le mani.
Se questo aneddoto fosse un film, vorrei che finisse con una inquadratura dall’alto. La telecamera che sale verticale sopra la mia testa.
La pioggia battente che si accanisce su un ambiente completamente scuro, al centro del quale io, bambino, stringo tra le mani un album inutile. Il vento a raffiche smorza il flebile fuoco del camino, e la fiamma traballante lancia qualche debole barlume di luce su una vecchia foto appesa sopra il camino: io e mi miei compagni di scuola. Un branco di pezzenti sorridenti. Al centro del gruppo un bambino che stringe fieramente sotto un braccio l’immancabile Supertele. Vai a fare in culo Pruzzo.
Titoli di coda
Era il classico album delle figurine da completare. Vuoto. Desolato direi. Ma sfogliandolo se ne percepiva l’immenso potenziale: i nomi delle squadre, i riquadri pronti ad ospitare i gagliardetti, gli spazi destinati a raccogliere le rose dei campioni ordinatamente schierate… i miei occhi di bambino vedevano oltre quegli spazi numerati. Percepivano un album di pregiatissima fattura, destinato ad essere un giorno esposto sopra il caminetto di casa, e ad essere mostrato con orgoglio agli amici. Un prezioso cimelio.
Le figurine erano l’unico ostacolo che si frapponeva tra il desolato album che avevo tra le mani, ed il sogno di gloria che mi prefiguravo.
Figurine. Figurine. Figurine. La psicosi delle figurine.
Mamma, per piacere, domani mentre vai a fare la spesa, mi compri le figurine? Sì. Sissì. Sono proprio indispensabili… servono per la scuola, lo ha detto la maestra.
Classica intramontabile scusa. Se non l’hai mai usata, non sei mai esistito.
Papà, mentre vai a prendere il giornale, mi prendi le figurine? Non dimenticarti, che mi servono.
A cosa?!? Boh…
Pronto, sto parlando con l’edicola? Per piacere, se passa di lì uno qualsiasi dei miei parenti, gli ricordi le figurine. Loro sanno.
Io non l’ho mai fatto per motivi spiccatamente economici, ma ricordo che i bambini più abbienti arrivavano ad assoldare anche un aereo da turismo che trascinava nel cielo uno striscione con la scritta …mi raccomando le figurine
Man mano che la collezione cresceva, la percezione della realtà si faceva più distorta, fino ad arrivare all’ultima figurina. Uno alla fine. Il delirio.
Avevo in mano un album quasi completo. Con tutti i gagliardetti. Tutte le rose. Le figurine speciali. Mi mancava solo Pruzzo. Non quello famoso. Un panchinaro della ternana. A me neanche me ne fregava un cazzo di Pruzzo. Però lo volevo.
Guarda che se ci pensi è strano avere tra le mani l’album praticamente completo, fruibile e piacevole da sfogliare, ma non essere soddisfatto. Che me ne frega di Pruzzo? Perché mi impedisce di godermi il mio album? Boh. Psicosi. No. La verità è che per un qualche fenomeno del cazzo uno non si accorge mai di ciò che ha, mentre percepisce benissimo quel che gli manca.
La cosa più incredibile è che dopo mille peripezie quell’anno completai l’album dei calciatori.
Inspiegabilmente non mi diede la soddisfazione sperata. Forse aveva qualche figurina attaccata storta. Forse si era sgualcito e non era più adatto ad essere esposto sul caminetto. Non so. Ricordo che nell’ultima pagina dell’album vi era riportato un regolamento, secondo il quale avrei potuto ricevere un pallone di cuoio spedendo l’album completo ad un certo indirizzo. A me il pallone di cuoio neanche piaceva. Era pesante. Duro. A me piaceva il Supertele, che costava meno del più insignificante e piccolo mucchietto di figurine passatomi tra le mani.
Se questo aneddoto fosse un film, vorrei che finisse con una inquadratura dall’alto. La telecamera che sale verticale sopra la mia testa.
La pioggia battente che si accanisce su un ambiente completamente scuro, al centro del quale io, bambino, stringo tra le mani un album inutile. Il vento a raffiche smorza il flebile fuoco del camino, e la fiamma traballante lancia qualche debole barlume di luce su una vecchia foto appesa sopra il camino: io e mi miei compagni di scuola. Un branco di pezzenti sorridenti. Al centro del gruppo un bambino che stringe fieramente sotto un braccio l’immancabile Supertele. Vai a fare in culo Pruzzo.
Titoli di coda
2 Comments:
E' capitato anche a me...
In verità a me del meraviglioso mondo dei calciatori non è mai importato un granchè. Tanto che per circa quattro mesi della mia vita mi dedicai a terminare un album di figurine dedicato alle automobili.
Fu una tragedia!
Dopo settimane di duro lavoro mi ritrovai ad avere un solo spazio bianco, predisposto ad accogliere la figurina di un veicolo mai visto, chiamato Thrust 2. Uno strano strano arnese dalla forma sigariforme e dall'inquietante color cartone, tenuto insieme dagli adesivi degli sponsor.
Un mostro da circa 1019 Km/h con ruote da carrozzina neonatale!
Dopo giorni di serratissime trattative riuscii ad ottenere la tanto sospirata figurina. Trattandosi di un veicolo spaciale, anche l'immagine lo era: non era una banalissima fotografia, ma un disegno stampato su un film plastico adesivo trasparente! Figata!
Fui l'ometto più felice del mondo fino al momento del posizionamento sulla pagina... L'amara constatazione che gli inchiostri, sotto la pressione delle dita, abbandonavano il supporto plastico per avvinghiarsi alla pelle dei polpastrelli, provocò una serie di fitte in svariate parti anatomiche del mio esile corpo. Il risultato fu un "effetto movimento inconsulto", analogo ad uno sputo sulle lenti degli occhiali... La figurina non si poteva più staccare senza rischiare di strappare via la carta, e tanto meno si sarebbe potuta coprire con un'altra copia... era trasparente cazzo!
Oggi, a quasi trentatrè anni ci penso ancora, e ne ho anche ricavato una massima: "Per quanto i presupposti possano apparire ineccepibili,tutto va sempre irrimediabilmente in merda alla fine!". Grazie album di figurine, grazie per questa importante lezione di vita.
Pitoff
By Sen Zaago, at 5:29 AM
meraviglioso! Olaf sanna
By Anonimo, at 3:44 PM
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