Cisterna

09 novembre 2009

Dello strano fenomeno dell'effetto lazzaretto

I tragici risultati dell'effetto lazzaretto
Serata a teatro. Eleganza, opulenza e volti raggianti.
Discussioni amichevoli e sorrisi.
Poi calano le luci. Il vociare si affievolisce in parallelo con l'intensità dell'illuminazione.
Si fa buio in sala.
Questo è il momento critico dell'effetto lazzaretto.
L'effetto lazzaretto è il curioso fenomeno secondo il quale le pause di silenzio a teatro scatenano una epidemia di tosse collettiva. Parte il primo con un timido coff.
Gli fa eco un successivo coff coff.
Hum.
Coff. Coff coff.
Coff coff coff. Etchù. Coff.

A seguire c'è una scia di morte e distruzione
I registi di teatro sanno benissimo che è sufficiente una pausa di 3 minuti per generare una epidemia in grado di sterminare una platea da 1500 posti a sedere.
Pare che l'influenza aviaria si sia scatenata a causa di un black-out di 7 minuti durante una rappresentazione teatrale dell'opera Il Lago dei Cigni di Cajkovskij, e da ciò prenda il suo nome.
Non è un caso che le più grandi civiltà del passato si siano estinte dopo la diffusione sociale del teatro.
Se anche tu conosci qualcuno che trova noioso il teatro, pur non avendo mai assistito ad una rappresentazione, sappi che l'apparente contraddizione in realtà è giustificata dall'evoluzione darwiniana. Lui in cuor suo percepisce il pericolo che si nasconde dietro una pausa a teatro. Molto meglio stare davanti alla TV.
Il teatro è roba da temerari. Da gente che non ha paura di sfidare la morte.

05 novembre 2009

Intorno al crocifisso

Crocifisso
Illo tempore un me giovanissimo frequentò, peraltro brillantemente, le scuole elementari di Costigliole d’Asti.
Ero un pischello, e i miei ricordi non sono dettagliatissimi. Ricordo un edificio scarno. All’interno banchi vecchi, sedie vecchie, muri vecchi, pavimenti vecchi.
In fondo all’aula una predella vecchia, una cattedra vecchia, una maestra vecchia, e dietro di loro, attaccati al muro, la lavagna, il crocifisso e la foto del presidente della repubblica.
In pratica frequentavo la brutta copia della scuola del libro Cuore. La brutta copia mai ristrutturata della scuola del libro Cuore.
Che ricordi…
Apprendo dai giornali che secondo una recente sentenza della Corte Europea, i ricordi delle prossime generazioni di bambini europei avranno un dettaglio in meno: il crocifisso.
Non entro nel merito del significato politico e religioso della cosa. Il mio commento è puramente culturale.
Girando il mondo per lavoro ho avuto la possibilità di confrontarmi con culture diverse, e negli anni ho maturato una visione generale della religione.
Religione non significa semplicemente cerimonie, preghiere, luoghi di culto e organizzazioni di fedeli.
La religione è anche altro. E’ un filtro impercettibile. Una impronta culturale che si riflette sulla visione del mondo.
E’ un fenomeno comune a tutti, anche all’ateo più radicale. Non è facile percepirlo perché normalmente viviamo all’interno di una matrice culturale uniforme, e quindi siamo portati a pensare che la nostra visione sia semplicemente figlia del buon senso. Ma che cos’è il buon senso e da dove viene?
Faccio un esempio: il povero. Soffermati e pensa al povero.
Molto probabilmente quando pensi ad un povero, tu pensi ad una persona da aiutare. Ad un bisognoso.
Questo sentimento all'interno della nostra cultura è sensato, ovvio e ragionevole. Ciò accade semplicemente perché la nostra matrice culturale è cristiana.
Se avessi fatto la stessa domanda ad un indiano, la risposta sarebbe stata diversa.
Per un induista il povero è un riflesso di cattivi comportamenti nelle vite precedenti. Aiutare un povero è sbagliato, perché non gli si permette di espiare e di ambire a migliorarsi nelle prossime vite. All’interno della sua cultura, questo è sensato, ovvio e ragionevole. La sua matrice culturale è induista.
Le diverse matrici culturali modificano tutti gli aspetti della vita, non solo il concetto di bene e male. Toccano tutti i risvolti della realtà.
Anche aspetti apparentemente oggettivi e misurabili, come il tempo.
Le culture che credono nella reincarnazione hanno una visione ciclica del tempo. Le cose ritornano e si ripetono.
Le culture che credono nell’aldilà invece percepiscono il tempo come lineare. Tutto ha un inizio ed una fine.
Prova a soffermarti su quello che può significare una diversa concezione del tempo… non è solo una questione di filosofia.
Il modello capitalistico è sicuramente figlio di una visione lineare del tempo: tutte le attività sono volte allo sviluppo. Alla crescita. C’è un punto di partenza (la situazione attuale) ed un miglioramento continuo. Lineare e proiettato in avanti.
Cosa sarebbe successo se il modello capitalistico fosse nato in una cultura in cui il tempo è ciclico? In cui tutto ritorna? In cui non si può crescere all’infinito? Sicuramente sarebbe stato un capitalismo diverso.
Sarebbe stato il prodotto di un’altra cultura. Di una cultura rappresentata da un elefante, o da una dea con otto braccia. Non lo so. Io so che la mia cultura e il mio modo di essere sono rappresentati da un crocifisso, e francamente mi stupisce apprendere che un simbolo così importante venga letto in chiave strettamente religiosa e sacrificato in nome di una uguaglianza universale ipocrita, e peraltro ironicamente figlia della stessa cultura cristiana.
Se Dio c'è, ha un gran senso dell'umorismo.