Cisterna

29 ottobre 2007

Welcome to Stura Tossic Park

Tossic ParkDomenica pomeriggio. Passeggiata nel parco. In fondo al vialetto si scorge un pupazzo imborsito che si avvicina con passo incerto. E' un drago verde, con lo sguardo fisso e il pelo arruffato. Sorride: ha un dente nero. E' Persemolo, la mascotte di Stura Tossic Park.
Ciao bambino. C'hai una sigaretta? Noo?! La vuoi comprare? Ce l'ho sia liscia che imbottita... roba buona, eh!
Barcollante si ferma e posa uno sguardo stralunato sul bimbo.
Benvenuto a Stura Tossic Park. Mi chiamo Persemolo. Minchia, però fai cisti: se madama chiede di me, tu non mi hai visto. Hai capito?
Pausa sottolieata da occhi pallati
Sei un bambino sveglio. Se mi dai moneta, ti porto a visitare il magico villaggio Pejotes. Vuoi? Ti faccio anche conoscere la donna cannone. E' avvolta in una cartina. Strano eh?
Il bimbo è titubante.
Che c'hai paura? Beh, in effetti sei pischello! Forse per te va meglio l'alloggio in periferia di Spaccianeve. Che dici? Oppure la casa di Psicotropo-lino e di Anfeta-Minnie. Ti piace Anfeta-Minnie? E' bbona! C'ha due tette così...
Il bimbo scuote la testa.
Minchia oh, ma non ti va bene niente a te!? Vuoi fare un giro sulle giostrine? Sugli autoradio-scontri? E' troppo figo. Se sei veloce impari anche un mestiere.
Sorriso sdentato di Persemolo, che si gratta una guancia. Un lampo nei suoi occhi.
Oh, c'è anche il fattovolante. Ha i carrelli a siringa. Da scassarsi dal ridere. Ti va? Non è pericoloso: i carrelli neanche si muovono. E' un viaggio mentale. Se ti prende bene è una figata. Se ti prende male, poi passa.
Persemolo ciondola in avanti con gli occhi socchiusi. Poi si sbilancia e per un istante sgrana due occhi spaventati.
...Pausa...
Troppo piccolo anche per queste cose? Minchia oh, a sto punto resta la giostra dei cucchiai. Oppure il bucopera. Se mi dai moneta poi ti porto dove ti pare. Solo dammela, sta cazzo di moneta!
Il bambino fissa con due occhi grandi Persemolo. Allunga la manina e gli porge un soldo. No. Non è un soldo. E' un regalo: un braccialetto. Lo mette al polso di Persemolo con due manine stranamente forti. Ora che Persemolo guarda meglio, la divisa che indossa il bimbo non è scolastica. Cazzo... è quella dei carabinieri. La voce del bimbo, meno flebile e squillante di quanto si aspettasse, lo esorta:
Ci segua in centrale.
...AAAAAAAH...
Sveglia improvvisa in un bagno di sudore: che incubo orrendo. Che spavento. Per fortuna tutto è passato. Ragionando lucidamente vien da chiedersi come sia possibile credere ad una situazione così paradossale. Una sana risata scioglie la tensione.
Con un sorriso stampato in faccia Persemolo si alza e torna nel suo tossic park a lavorare.
E tutti vissero felici e contenti.

23 ottobre 2007

Il misterioso legame tra scelte e destino

Foto di classeQuinta elementare. La prima scelta sul futuro che ricordi: alle medie preferisci frequentare la sezione di inglese o di francese?
Che questione del cazzo: cosa vuoi che importi ad un bambino di 10 anni di certe cose? Su che criterio basarsi?
Forse l'inglese è più utile: se un giorno per le strade di Hazzard incontrerò Boe e Duke almeno potrò avvisarli dei loschi piani di Boss Hog! Chissà, magari per ringraziarmi mi faranno guidare la loro macchina, o magari Daisy mi darà un bacio. Sì, vada per l'inglese!
Dopo un'estate serena, tre anni di scuola media in cui i professori di inglese costantemente mi ricordavano che con la mia erre moscia sarei stato un perfetto studente di francese. Per la cronaca, a dispetto di quanto avessi immaginato, di Boe, Duke e Daisy nessuna traccia. Che delusione. Un velo di saudade brasilera ha coronato la fine della mia infanzia.
Ad ogni modo con la fine delle medie, è già tempo di scegliere di nuovo: cosa vuoi fare dopo?
Non ho ancora superato il trauma della prima scelta, che già se ne prospetta un'altra. Su che criterio converrà basarsi?
Geometra? Ragioniere? Perito? Liceo? Le opzioni questa volta sono maggiori, e di conseguenza cresce la probabilità di fare la scelta sbagliata. Fortunatamente a quell'età avevo già le idee abbastanza chiare: mi sarebbe piaciuto fare lo scenziato o il papa. In entrambi in casi il liceo era una buona scelta.
Il ricordo più vivo che ho di quell'epoca è senza dubbio la diaspora dei compagni di scuola: amici che andavano in istituti diversi, in altre città, che seguivano percorsi differenti. Continuavamo a tenerci in contatto, ma tra di noi serpeggiava una competizione mal celata. In fondo credo che nessuno di noi fosse convinto della propria scelta, e pertanto il reciproco confronto era l'unico mezzo per valutare l'operato personale. Trovare un difetto agli altri, significava implicitamente confermare la bontà della propria opzione.
Che sfigati quelli che hanno optato per l'istituto tecnico professionale: limano ferro tutto il giorno. Bella merda.
Che sfigati quelli che hanno optato per l'istituto tecnico commerciale: fanno conti tutto il giorno. Bella merda.
Che sfigati quelli che hanno optato per il liceo scientifico: studiano cose inutili, compresa una lingua morta. Bella merda.
Che sfigati quelli che hanno optato per il liceo classico: studiano cose inutili, comprese due lingue morte. Bella merda.

...porca miseria, avevamo ragione: a quell'epoca i percorsi scolastici erano tutti sfigati dalle mie parti!
Su una cosa però ci trovamamo concordi: il paria dei paria, lo sfigato degli sfigati era un nostro compagno di scuola (per la cronaca un certo Michele) che aveva scelto un corso per segretarie d'azienda. Che roba da femmina! Hihihi.
Ed in effetti era l'unico ragazzo.
Un harem grande come un'istituto. Negli anni seguenti lo abbiamo costantemente invidiato. Mentre io ancora aspettavo un bacio da Daisy Duke, lui conosceva e frequentava tutte le ragazze più belle. Lui acclamato e desiderato. Io un cazzo. Puttana eva com'è importante fare la scelta giusta!
Cinque anni dopo, la possibilità di riscatto: che fare dopo il diploma?
Incredibile: passano gli anni ma il problema si presenta analogo a sempre. Scegliere tra le varie alternative non è banale. Ne va del mio destino, e non ho elementi sufficienti per essere sicuro. Che fare? Fortunatamente nei cinque anni passati al liceo ho capito una cosa: la carriera di papa non mi si addice. Farò lo scienziato. Mi iscrivo a ingegneria, segretamente desideroso di riscatto: quando sarò ingegnere assumerò la segretaria più bella!
A ridosso di questa scelta, ecco l'immancabile seconda sessione di competizione mal celata: siamo tutti maggiorenni, eppure la storia si ripete uguale a quando avevamo 14 anni.
Che sfigati quelli che hanno optato per giurisprudenza: devono studiare tutto a memoria. Bella merda.
Che sfigati quelli che hanno optato per economia: matematica dei soldi degli altri. Bella merda.
Che sfigati quelli che hanno optato per lettere: condannati al precariato. Bella merda.
Che sfigati quelli che hanno optato per ingegneria: sono un branco di alienati. Bella merda.

Su una cosa però ci trovamamo concordi: il paria dei paria, lo sfigato degli sfigati tanto per cambiare era Michele, che aveva scelto psicologia. Che laurea da femmina! Hihihi.
Pleonastico aggiungere che per la seconda volta era l'unico ragazzo di tutto il corso.
Secondo harem per lui. Altri cinque anni di invidia per noi, curvi sui libri in attesa di riscatto.
Dopo la laurea l'incontro/scontro con la realtà: a prescindere dalle scelte fatte, a dispetto dei pronostici e dei calcoli fatti da ognuno, eccoci tutti a braccetto sull'allegra barca dei lavoratori precari. La livella del terzo millennio. Niente stipendi miliardari. Niente lauree magiche che modificano il destino. Niente diplomi che cambiano la realtà. Nessuna lingua imparata alle medie ha fatto la differenza. Si riparte. Pazientemente in marcia verso un futuro migliore, più simile a quello immaginato per tanti anni: un bel lavoro, un reddito adeguato a coltivare nuovi vizi, un ufficio prestigioso, e infine la bella segretaria che ho sempre desiderato. Per farmi forza, spesso mi prefiguro la scena: scostare la schiena dalla poltrona di pelle e protendere il braccio verso l'interfono.
Click
Suono di passi che si avvicinano dietro la porta
Toc toc
Avanti!
...Michele?!? Che cazzo ci fai qui? Ma vaffanculo tu e tutte le puttanate che si fanno per cercare di pilotare il destino...

19 ottobre 2007

Do you speak english?

Superman GuercioIn un mondo di ciechi, chi ha un occhio è superman.
Colloquio di lavoro medio. Dopo i primi convenevoli e domande di riscaldamento, giunge puntuale come un rutto dopo la sprite la fatidica questione:
- Lei parla inglese?
- Sì, certo.
- Lo parla bene?
...bene?!? Che domanda è? Bene rispetto a chi? Quanto è bene? Questo è il momento in cui tipicamente si viene assaliti dalla sindrome del guercio: se siamo in un mondo di ciechi, io con il mio occhio modestamente sono superman. Se siamo in un mondo di supermen.. beh... io sono il superman guercio.
Purtroppo questa risposta non è contemplata nelle griglie di valutazione dei selezionatori di risorse umane. E allora? Come comportarsi?
La conclusione a cui sono giunto io è la seguente:
Punto zero: La modestia è inutile. Per un misterioso fenomeno tipico dei colloqui di lavoro, nessuno ammette mai di non saper fare una cosa.
Sa guidare lo Shuttle? ...mah... sì... a livello dilettantistico eh, intendiamoci!
Punto uno: Meglio spararla, la cazzata. Tanto la aspettano.
Punto due: ...e qui si nasconde l'aspetto originale della mia soluzione... se hai un asso nella manica per smorzare la cazzata nel caso in cui ti scoprissero, sei invulnerabile!
A titolo di esempio ed eventuale prontuario, riporto di seguito alcune risposte possibili, applicabili al diffusissimo caso della conoscenza della lingua inglese.

Il madrelingua
Intervistatore- Parla inglese?
Candidato- Sì, certo
I- Lo parla bene?
C- Sono madrelingua!
I- Wow, complimenti... possiamo continuare il colloquio in lingua, allora...
...penosa prestazione...
I- Ma lei non mi sembra madrelingua!?!
C- Beh... mia mamma era sordomuta... ma ha fatto tutto quello che poteva!
...se l'esaminatore ci casca, cosa da non escludere, si gode di un bonus di pietà per le domande successive...

Il fenomeno
I- Parla inglese?
C- Sì, certo
I- Lo parla bene?
C- Come l'italiano!
I- Davvero? Possiamo continuare il colloquio in lingua, allora...
...penosa prestazione...
I- Ma lei non mi sembra che lo parli come l'italiano!?!
C- Beh... ehm... lei credere? Io sembrare sì! Perché non?
...la parte difficile di questo sistema è continuare a parlare malissimo italiano fino alla fine del colloquio...

Il fenomeno bis
I- Parla inglese?
C- Sì, certo
I- Bene?
C- Come l'italiano!
I- Davvero? Possiamo continuare il colloquio in lingua, allora...
...A questo punto, mentre l'esaminatore si cimenta con il suo inglese, è sufficiente rispondere sempre parlando tranquillamente in italiano...
I- Che fa?!? Parla in italiano!?!
C- Ma cazzo, glie l'ho detto che parlavo l'inglese come l'italiano!
...Per smorzare la tensione che potrebbe nascere a seguito di questa risposta, può essere utile puntualizzare che si conoscono anche altre lingue... tutte come l'italiano. Talvolta l'esaminatore si stupisce e si complimenta...

Il certificato
I- Parla inglese?
C- Sì, certo
I- Bene?
C- Ho fatto il TOEFL
I- Davvero? Possiamo continuare il colloquio in lingua, allora...
...prestazione penosa...
I- Ma scusi eh, che valutazione ha ottenuto al TOEFL?
C- Io? Respinto.
...Un sorriso piacione sottintenderà la frase "però l'ho fatto, che cazzo vuoi?!"....

Il tecnico
I- Parla inglese?
C- Sì, certo
I- Lo parla bene?
C- Soprattutto l'inglese tecnico!
I- Wow, complimenti... spero che il mio inglese sia adeguato. Possiamo continuare il colloquio in lingua?
...penosa prestazione...
I- Ma che inglese tecnico conosce!?!
C- Quello dei manuali di istruzioni IKEA! Li capisco perfettamente.
I- Non mi prenda in giro: nei manuali IKEA ci sono solo figure.
C- Ma scusi, lei crede che le traducano in italiano?
...L'esaminatore medio a questo punto non ribatte. E' gonfio di orgoglio perché ha appena scoperto di capire l'inglese tecnico... e forse anche il danese...

Il profondo conoscitore
I- Parla inglese?
C- Sì, certo
I- Lo parla bene?
C- Certo!
I- Benissimo, le dispiace se continuiamo il colloquio in lingua?
C- No, anzi! E a lei dispiace se le racconterò del gatto che ho sul tavolo e di una penna pazzerella che non so mai dove si trovi?
...se l'esaminatore avesse da ridire, ribattete che è un argomento sempre caldo ed attuale nel mondo anglosassone, tanto è vero che è la prima lezione di ogni corso che si rispetti fino dalla notte dei tempi. Davanti a una simile dimostrazione della conoscenza non solo della lingua, ma anche della cultura inglese, l'esaminatore rimarà sicuramente colpito positivamente...

Il puntuale
I- Parla inglese?
C- Sì, certo
I- Lo parla bene?
C- Assolutamente
I- Benissimo, allora continuiamo il colloquio in lingua inglese!
C- Aspetti... mi lasci finire di parlare. Stavo dicendo assolutamente no
...morale: la tua parola più sincera, comunque, ti salverà...

10 ottobre 2007

L'auto che vorrei

Luna piena, sabbia bianca, palme rigogliose e gente sorridente: la festa in spiaggia definitiva. Il tipico sottofondo musicale festaiolo accompagna un prestante giovane verso una bella ragazza che sta ballando con le amiche in un punto defilato della pista. L'inquadratura indugia sulla schiena di lei, lasciata scoperta dall'elegante vestito. La mano del giovane si posa sulla spalla della ragazza per richiamarne l'attenzione. Lei si volta, scosta i lunghi capelli e sorride. A quel punto il ragazzo, con voce calma e profonda le domanda:"Vuoi provare la mia fava?".
Schermo nero e pay-off: Osa.
Voce fuoricampo: Nuova Daihatsu Fava. Tua a partire da 9999.69 Euro con rottamazione ed ecoincentivi.
Dayatsu Fava: forse chiavi in mano, fose no.

Dopo il passaggio in prima serata di questo spot, la rivoluzione: tutti vogliono la nuova Daihatsu Fava. Tutto vogliono osare. Tutti osano.
Dayatsu Fava auto dell'anno.
Con una intuizione particolarmente felice, la casa automobilistica nipponica introduce sul mercato le versioni limited. Centinaia di varianti e di modelli personalizzati proposti da designers e stilisti vari. Sul sito della Daihatsu parte il concorso "la mia Fava", in cui tutti possono proporre una variante. Una giuria internazionale premia e produce in piccola serie numerata le idee più originali. La Daihatsu Fava diventa fenomeno di costume: il fenomeno del terzo millennio. I collezionisti si contendono i modelli più rari. Possedere una Fava unica diventa lo status symbol più esclusivo.
Daihatsu leader assoluto del mercato dell'auto.
In un tentativo disperato di contrastare il fenomeno, Hiundai presenta al salone di Detroit la Hiundai Topa. Pay-off: Il motore di tutto.
I vertici di Daihatsu intuiscono. Tremano.
Siglano un accordo di non belligeranza con Hiundai, e per ulteriore tutela lo allargano a tutti i produttori di auto orientali.
Segue una nuova campagna pubblicitaria: "Daihatsu Fava: l'auto che non c'è". Contestualmente vengono ritirate dal mercato tutte le Fava ancora invendute.
Il resto è storia: da quel momento in avanti, i nomi del cazzo sono permessi solo in senso figurato per le auto orientali.